La sindrome emolitico uremica atipica (SEUa) è una forma sistemica di microangiopatia trombotica (TMA) che, se non riconosciuta o se trattata in modo inappropriato, presenta una prognosi sfavorevole e un elevato grado di mortalità. La SEUa è il risultato di un'attività incontrollata della via alternativa del complemento, che determina attivazione delle piastrine e danni all'endotelio vascolare. Due terzi dei casi di SEUa sono associati a una condizione genetica identificabile responsabile della disregolazione del complemento.
La SEUa è clinicamente molto simile alle altre principali forme di TMA: SEU da Escherichia coli produttore della tossina Shiga (STEC-SEU), porpora trombotica trombocitopenica (PTT) e coagulazione intravascolare disseminata (CID). I segni e i sintomi di tutte le TMA si sovrappongono, complicando la diagnosi differenziale. Tutte le forme di SEU sono caratterizzate da microangiopatia trombotica (TMA) e sono definite dalla triade costituita da anemia emolitica microangiopatica non immune, trombocitopenia e danno d’organo. L’organo più comunemente coinvolto è il rene, ma una quota significativa di pazienti presenta sintomi neurologici, gastrointestinali, polmonari o cardiaci. L’eterogeneità di presentazione della SEUa, sia per l’età d’esordio variabile (dal periodo neonatale all’età adulta) sia per i sintomi d’esordio che possono essere improvvisi e rapidamente progressivi oppure sfumati e talora incompleti, costituisce un ostacolo ad una diagnosi corretta e tempestiva nel contesto della terapia intensiva. Inoltre, attualmente non vi è uniformità sulla diagnosi o sul trattamento della SEUa da parte degli specialisti di terapia intensiva.
Alla luce di questo, al medico intensivista è richiesto un insieme fondamentale di competenze per la diagnosi e la gestione pazienti affetti da SEUa: riconoscere le microangiopatie trombotiche, comprendere la fisiopatologia della SEUa e differenziarla dalle condizioni correlate, riconoscere il coinvolgimento di altri sistemi d’organo e comprendere lo standard di cura sulla base dei dati disponibili e delle linee guida.
La miastenia grave generalizzata è una malattia neurologica rara di natura autoimmune, che determina faticabilità e debolezza muscolare tali da esercitare un forte impatto sulla qualità di vita delle persone affette. Il suo decorso è caratterizzato da un andamento fluttuante e da episodi di esacerbazione severa, di cui la crisi miastenica rappresenta la complicanza più grave, che mette in pericolo di vita i pazienti. E’ caratterizzata da un rapido e grave peggioramento clinico, determinato da un'insufficienza respiratoria, dovuta a debolezza dei muscoli respiratori o da debolezza bulbare, con collasso delle vie aeree superiori. La crisi miastenica si verifica in circa 15%-20% dei pazienti con miastenia grave, di solito entro i primi 2 o 3 anni dall’esordio di malattia; nel 18-28% dei pazienti può essere l’evento di esordio della malattia. In un'ampia serie, la crisi miastenica ha rappresentato un terzo dei ricoveri in terapia intensiva dovuti a insufficienza respiratoria neuromuscolare acuta. La causa scatenante una crisi miastenica molto spesso è un’infezione respiratoria; altri fattori come la riduzione delle immunoterapie, interventi chirurgici o traumi, gravidanza, alcuni farmaci tra cui antibiotici e inibitori dei checkpoint immunitari (come pembrolizumab, nivolumab, ipilimumab), le vaccinazioni o un disagio emotivo molto forte, posso scatenare una crisi miastenica. Tuttavia, nel 30%-40% dei pazienti non si riscontra un fattore scatenante specifico. E’ fondamentale quindi avere padronanza delle circostanze, diagnosticare tempestivamente l’evento clinico e attuare un trattamento medico immediato.
Il trattamento deve essere diretto alla gestione delle vie aeree con l’utilizzo di mezzi spesso invasivi tra cui la ventilazione meccanica, con un ruolo centrale da parte dell'unità di terapia intensiva (ICU). Questo tipo di interventi deve essere poi associato a terapie immunomodulanti/immunosoppressive a breve termine: convenzionalmente vengono usate immunoglobuline endovena (IVIg), scambio di plasma (PEX) o immunoassorbimento aferesi (IA).
Dal punto di vista fisiopatologico, la miastenia grave è una malattia autoimmune che vede coinvolto, con un ruolo cruciale, il Sistema del Complemento, attivato in modo inappropriato da autoanticorpi, nell’85% dei casi contro il recettore dell’acetilcolina, a livello della placca neuromuscolare. L’attivazione del Sistema del Complemento a livello della placca neuromuscolare provoca la distruzione della membrana post-sinaptica con una profonda alterazione della trasmissione neuromuscolare e conseguente manifestazione delle caratteristiche cliniche precedentemente descritte.
La crisi miastenica è pertanto una condizione clinica rara ma caratterizzata da un alto grado di complessità e di severità, che può mettere in pericolo di vita i pazienti affetti da miastenia grave generalizzata. Il medico di terapia intensiva deve essere in grado di riconoscere in modo tempestivo l’evento acuto, avere consapevolezza in merito al migliore approccio terapeutico e, altro aspetto fondamentale, gestire l’interazione multidisciplinare nell’ottica della transizione del paziente dalla terapia intensiva al reparto di neurologia.